Tutti parlano di economia segnata da instabilità geopolitica, transizioni epocali dovute all’intelligenza artificiale, difficoltà di accesso al credito e le imprese si confrontano con nuovi parametri di valutazione. Dobbiamo avere paura di questo mondo che si evolve e che stentiamo a riconoscere? O dobbiamo sfidare questi cambiamenti?
Non sono più soltanto gli indici di bilancio a determinare la solidità di un’organizzazione ma un fattore più profondo e sfuggente ai tradizionali indicatori finanziari, la capacità di costruire e mantenere la fiducia. La fiducia come nuova frontiera per la competitività aziendale.
Un bene intangibile eppure concretissimo, la fiducia. Non quella declamata nei codici etici, ma quella praticata, costruita giorno per giorno, e non è univoca! È quella che l’imprenditore ripone nella sua squadra che lavora alacremente, quella che il mercato da all’impresa che sa dare prodotti e risposte concrete e di qualità e, ancor prima, quella verso l’esterno, verso gli attori istituzionali qualificati il cui appoggio può fare la differenza tra esistere e prosperare. I
n questo quadro, la capacità di costruire relazioni solide con enti bilaterali e federazioni di settore non è mera adempienza formale, ma una scelta strategica di lungimiranza. Significa capire che la sostenibilità si edifica su una rete di credibilità e collaborazione, unico vero strumento contro l’incertezza dei mercati.
La costruzione di questa credibilità passa attraverso un atto preciso e deliberato ovvero dare fiducia agli interlocutori istituzionali. Enti bilaterali e federazioni di categoria non sono semplici associazioni di rappresentanza, ma organismi che strutturano il dialogo tra le parti sociali e dettano standard condivisi come contratti collettivi, strumenti welfare e agevolazioni di vario tipo e natura. Un’impresa che sceglie di coinvolgerli attivamente, partecipando ai loro tavoli tecnici e aderendo ai loro protocolli, non sta compiendo un atto di semplice adesione.
Sta investendo in un capitale relazionale che produce un tangibile controvalore. Questo si traduce in accesso a informazioni privilegiate su bandi, normative e trend, in percorsi di formazione co-finanziati e in forme di welfare negoziato che alleggeriscono il costo del lavoro. È un vantaggio competitivo che deriva dall’essere riconosciuti come attori seri e affidabili all’interno dell’ecosistema produttivo, facilitando l’accesso a nuove opportunità di business e partnership.
Gli imprenditori non interagiscono con entità astratte, possono e devono utilizzare gli strumenti messi a disposizione da federazioni di settore ed enti bilaterali nazionale e territoriale, in quanto soggetti di diritto pubblico e organismi istituzionalmente legittimati. Questo inquadramento normativo non è un semplice bollino, ma il sigillo che conferisce solidità e continuità alle iniziative promosse.
Significa che le risorse dedicate a questa proattività non sono disperse in iniziative estemporanee, ma canalizzate in circuiti istituzionali che moltiplicano il loro impatto. L’imprenditore che comprende questo meccanismo smette di essere un naufrago in balia del mercato e diventa un ammiraglio che sfrutta correnti favorevoli, anticipate e mappate dalla collettività di cui fa parte.
Il risultato finale di questo approccio è un’azienda non solo solida ma sostenibile e al passo con i tempi. Un’impresa che, fondando la sua crescita su queste basi collaborative, anziché subire il mercato, lo anticipa, innovando i processi e valorizzando il capitale umano. È un’organizzazione vincente non perché schiaccia i concorrenti bensì perché ha costruito un’architettura di relazioni che la rende resiliente, credibile e, in definitiva, più forte. In questo mercato dove tutto cambia, la capacità di generare fiducia non ha prezzo così come darne ai circuiti istituzionali rimane l’investimento più sicuro e redditizio per il futuro di qualsiasi realtà imprenditoriale.