Questo scritto non è una guida da seguire, ma una testimonianza personale. Ho vissuto gran parte della mia vita in una profonda irresponsabilità quotidiana. Non per ribellione, ma per istinto. Quando scrivo delle mie esperienze, la provocazione è involontaria. Il confronto nasce spontaneo nel lettore, ma il paragone è un limite, non una via. La scuola e la società ci insegnano a essere “responsabili”, ma spesso è solo paura mascherata. 

Fin da bambino ho percepito quanto fosse necessario disobbedire. La scuola sottrae il contatto con la famiglia, la natura, la fantasia, per formare futuri impiegati responsabili verso capi e istituzioni. Ho sentito presto di dover essere una pecora nera. Il confronto è inevitabile.  

Se vivi in una zona comfort, probabilmente le mie parole ti hanno già urtato. Racconto di paure affrontate a viso aperto, anzi: cercate. Sono andato incontro alle prove per uscire dalla norma. Questo richiede un atto preciso: l’irresponsabilità. Solo così non si resta incastrati nel concetto di persona “normale”. 

Io sono un capolavoro. Come te. Ma come si può esprimere qualcosa che non si conosce? La scuola ci struttura, ma forse tutto il sistema è una sfida per scoprire quanto coraggio sei disposto a usare nella caccia al tesoro di te. 

Oggi ci aiuta la fisica quantistica e la visione olistica: la realtà nasce da dentro. Se hai affrontato le tue paure, è splendido. Se non lo hai fatto, può essere terrificante. Restare legati alla casa, al lavoro, al conto in banca, spesso significa confondere la paura con la responsabilità

Nel mondo si ripete che bisogna essere responsabili. Ma quel coro spesso nasconde solo la paura di vivere il presente. Ci vuole irresponsabilità per aprirsi al sentire profondo. Gettarsi nel vuoto richiede fiducia nella vita. Questo atto viene ripagato: quando agisci con coraggio, la paura svanisce e nasce la forza. 

Chi è incastrato nella responsabilità personale ha paura della vita. Chi ha più energia ma è bloccato si indigna, protesta, usa i condizionali: “bisognerebbe”, “sarebbe bello se…”. Questi segnali parlano chiaro: paura, non fiducia. 

  • Con la fiducia non temi il distacco, il fallimento, il ricominciare, il morire. E quando non temi la morte, sei pronto a rinascere. 

Non voglio spingermi oltre. Potrei raccontare di tre notti nel bosco o del mio arrivo in India, dove un virus mi ha portato vicino alla morte. Pazzie? Forse. Ma hanno ripagato. Ringrazio l’irresponsabilità: mi ha condotto alla gioia pura, alla serenità, allo stupore bambino, all’amore per la vita. 

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