
Per ognuno di noi, la realtà è un’esperienza profondamente personale e irripetibile. Ogni condizione che viviamo non viene semplicemente registrata, ma incide in maniera importante su chi siamo e chi saremo. Infatti, non siamo soltanto gli osservatori di quanto i nostri sensi raccolgono, ma siamo gli autori del nostro destino, plasmando attivamente, momento dopo momento, con il nostro vissuto di esperienze ed emozioni, la nostra esistenza.
Quando parliamo di realtà ci riferiamo a qualcosa di concreto ed evidente di cui non può essere messa in dubbio l’esistenza e la fondatezza. Secondo il filosofo Edmund Husserl, padre della Fenomenologia, “Nella nostra vita quotidiana noi consideriamo il mondo in modo «ingenuo», lo consideriamo, cioè, esistente, ed esistente così come lo vediamo dalla nostra prospettiva soggettiva; e lo rendiamo oggetto della nostra attività emozionale, conoscitiva, pratica, per ciò che esso rappresenta per noi, per ciò che esso vale «immediatamente» per noi.”
Come a dire che il nostro mondo è unico, soggettivo e non sovrapponibile a quello di nessun altro perché frutto della nostra personale percezione. A noi piace invece pensare che la realtà sia oggettivamente così come la vediamo e la interpretiamo sottintendendo, in tal modo, che essa sia la stessa identica per tutti. Questo fraintendimento è spesso alla base dei molti malintesi che si creano quotidianamente nelle relazioni umane, dalle incompatibilità caratteriali, all’incapacità di comunicare e di comprendersi.
Ma come arriviamo a definire il nostro mondo reale?
Durante l’interazione con l’ambiente, le informazioni che arrivano attraverso i sensi al cervello, vengono qui elaborate e acquisiscono un significato, andando a costituire quel substrato di conoscenze da cui prendono forma i nostri pensieri. I pensieri attivano poi la componente emotiva dei nostri vissuti e da questo insieme (pensieri ed emozioni) deriva l’essenza delle esperienze che viviamo, cioè la nostra realtà percepita.
La mente crea quindi un’immagine personale della realtà attraverso un’elaborazione che si basa sulle esperienze vissute, le conoscenze acquisite e le memorie registrate. Poiché però tale elaborazione avviene sulla base di contenuti già presenti nella nostra mente, frutto di esperienze precedenti, essa è condizionata dai programmi mentali creati in precedenza, che si esprimono poi in azioni e comportamenti automatici.
Il nostro mondo, quindi, rispecchia le nostre convinzioni e cambiare questa rappresentazione, se non ci sentiamo soddisfatti di quello che si muove intorno a noi, è possibile soltanto realizzando un cambio di percezione, andando cioè a operare una trasformazione di quel substrato di conoscenze da cui tutto è iniziato, acquisendo quindi nuove conoscenze in grado di guidare la formulazione di nuovi pensieri e di nuove emozioni e quindi di creare una nuova percezione della realtà, che produce nuove azioni e nuovi comportamenti. Quando cambiamo punto di vista e apriamo la nostra mente a una nuova consapevolezza, la struttura del nostro cervello si modifica.
È questa una prerogativa dell’essere umano che rientra nei programmi adattativi interconnessi con la sopravvivenza e collegati al processo di apprendimento. L’acquisizione di nuove conoscenze e strumenti permette quindi all’essere umano un costante adattamento a un ambiente di vita dinamico e in continua trasformazione.
Entrare in contatto con noi stessi, divenire consapevoli di ciò che proiettiamo al di fuori di noi, ci permette di selezionare quindi le scelte e le azioni più giuste per influire sul nostro mondo interiore e manifestare coscientemente una nuova realtà.
Perseverare invece nell’attribuire ad altro, diverso da noi, la responsabilità dei nostri problemi o fallimenti continuerà a mantenerci nella visione ingannevole di un mondo precostituito, da cui noi non abbiamo nessuna possibilità di affrancarci.