
Il termine sharenting è un neologismo nato recentemente dall’unione delle parole inglesi share (condividere) e parenting (essere genitori). Questo termine viene utilizzato per descrivere l’abitudine di alcuni genitori di pubblicare regolarmente foto, video e informazioni sui propri figli sui social media. Questo comportamento, visto spesso come un impulso irrefrenabile, solleva molte problematiche legate alla privacy e alle conseguenze che tali atti potrebbero avere sui minori.
Sharenting e privacy
Anzitutto bisogna fare una precisazione per chi non conosce il mondo social: i social non sono soltanto Facebook e Instagram. Anche WhatsApp è un social network a tutti gli effetti, con cui è possibile condividere stories, inviare foto, creare gruppi e tante altre cose. È abbastanza ovvio che postare foto dei propri figli minorenni — con o senza il loro consenso non importa, perché non sono capaci di intendere e di volere — li sottopone a diversi rischi ovvi e prevedibili: dal possibile utilizzo per la pedopornografia alla rivelazione della geolocalizzazione.
Non basta oscurare i volti, perché chi ha cattive intenzioni trova sempre il modo di sfruttare un’immagine. Ormai con programmi di generazione immagini con le intelligenze artificiali è facile reinserire un volto al posto, per esempio, di una bambina e inserirle tra le mani qualunque cosa.
Senza contare il fatto che comunque è una violazione della privacy non rendendoci conto di quanto questi momenti siano intimi, privati e non abbia senso metterli in vetrina alla mercè di chiunque. Ma cosa spinge un genitore a pubblicare le foto dei propri figli?
Ci sono varie teorie che possono spiegarne il motivo: non avere contenuti da pubblicare, il narcisismo, l’insoddisfazione repressa, il ricevere “like” (mi piace) come reazioni che ci fanno sentire premiati, apprezzati, glorificati, seguiti e che, quindi, generano dipendenza in chi pubblica sui social network.
Alcuni, invece, sostengono che i genitori tendano a proiettare sé stessi sui propri figli e che, per questo motivo, vorrebbero che li seguissero nel loro identico percorso di vita. Nella realtà dovrebbero lasciarli liberi di trovare la loro strada, trovando la capacità di guidarli senza influenzarli nelle loro scelte.
Questo è un tema molto importante, in quanto molte persone usano i figli per dimostrare la loro genitorialità allo stesso livello della loro imprenditorialità. È qui che lo sharenting assume l’apice massimo perché l’utilizzo dei figli diventa strumento di riprova sociale, riconducendo il “sono un padre/madre e sono un imprenditore/imprenditrice” come un messaggio di marketing di bassissimo livello, eticamente scorretto, sia nei confronti dei figli, soprattutto per questioni legate alla privacy, sia del pubblico perché sfrutta una leva emotiva molto scorretta.
Conclusione
In conclusione, prima di mettere in mostra la foto di un proprio figlio, un genitore dovrebbe pensarci cento volte e altre cento ancora e, magari, non pubblicare proprio questi contenuti, tenendo in considerazioni i possibili rischi legati a queste scelte.